Eradamus Eum de terra viventium

Omnes inimici mei adversum me cogitabant mala mihi: verbum iniquum mandaverunt adversum me, dicentes: “Venite, mittamus lignum in panem eius et eradamus eum de terra viventium”.
Eram quasi agnus
Tomás Luis de Victoria

 

I miei occhi grondano lacrime *
notte e giorno, senza cessare,
Da grande calamità è stata colpita
la figlia del mio popolo, *
da una ferita mortale.
Se esco in aperta campagna,
ecco i trafitti di spada; *
se percorro la città, ecco gli orrori della fame.
Anche il profeta e il sacerdote†
si aggirano per il paese *
e non sanno che cosa fare.

Perché ci hai colpito, *
e non c’è rimedio per noi?
Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene, *
l’ora della salvezza ed ecco il terrore!
Riconosciamo, la nostra iniquità, Signore,†
l’iniquità dei nostri padri: *
contro di te abbiamo peccato.
Ma per il tuo nome non abbandonarci,†

Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi.
Ger 14, 17-21

Come diceva il mio amico Lorenzo Gasperini nel suo brevissimo di settimana scorsa una scristianizzazione della società e dell’uomo produce come suo esito necessario una spersonalizzazione dell’uomo.

Infatti il tentativo di ritornare post Christus all’erramento e all’errabondaggio del mondo a Lui precedente, al mondo senza Cristo e privo di Cristo, è impossibile. Impossibile perché una volta incontrato Cristo, l’unica modalità per cercare di tornare alla vita precedente Cristo è l’odio nei confronti di Cristo. L’incontro con Cristo marchia indelebilmente la nostra persona e quindi la nostra anima, la nostra intelligenza e la nostra volontà e quindi anche il nostro desiderio, in modo tale che nulla è più come prima e nulla può tornare come prima.  La vita ante Christus è semplicemente impossibile e la vita sine Christus è infinitamente non sufficiente. Non lo era mai stata né mai lo può essere, ma prima non lo si poteva sapere, poiché non Lo si conosceva con la tenera chiarezza dell’incontro con Lui, prima del quale il nostro desiderio brama «con quasi dolorosa intensità qualcosa che non potrà mai essere descritto».

Lorenzo aveva però individuato questo sradicamento di Cristo, questo sradicamento dell’uomo da Cristo a un livello più importante, più radicale, più vicino al cuore stesso del corpo mistico di Cristo, la Chiesa, e perciò a un livello più mortale, con una potenza tale come mai si è verificato nella storia della Sua storia.

Da tutte le parti lance affilate sono dirette contro il cuore di Cristo. Lo dico letteralmente; non è una metafora. La Chiesa è il corpo di Cristo, dice san Paolo. Di conseguenza, chi colpisce la Chiesa colpisce Gesù.
Fr. Marcel Raymond – I Tre Frati Ribelli

Siamo posti dinnanzi a una scristianizzazione che non riguarda più solamente la società, il laicato, il popolo cristiano, ma drammaticamente il clero, dai presbiteri ai vescovi, fino anche ad alcuni cardinali tra i quali sono messi in discussione, anche se per vie traverse, dalla dottrina fino ai fondamenti stessi della fede, i Sacramenti, eliminati i quali non resta altro che l’abominio della devastazione.
Di che scristianizzazione si tratta? È di fatto la perdita, o la rinuncia, o l’abbandono della Fede in Gesù Cristo.
Innanzi a un dramma di tale portata torna alla mente un passo di Ezechiele e uno di Neemia come lamento, come monito e soprattutto come appello:

Io ho cercato fra loro un uomo che costruisse un muro e si ergesse sulla breccia di fronte a me, per difendere il paese perché io non lo devastassi, ma non l’ho trovato.
Ezechiele 22,30

C’è ancora qualcuno disposto a stare sulla breccia, a difesa della città di Dio?
Dunque accorrete, venite, ricostruiamo le mura della fede!

Gerusalemme è in rovina e le sue porte sono consumate dal fuoco. * Venite, ricostruiamo le mura di Gerusalemme
Ne 2,17. 2,20.

Come inziare a costruire?
Tornando a prendere dell’eterna pietra angolare, tornando a porla costantemente a fondamento, tornando a immedesimarci costantemente con Cristo, tornando ad abbracciare Lui, tornando a stringerci a Lui per divenire anche noi pietre vive a costruzione della Sua Chiesa e confermare i fratelli nella fede che la Chiesa ha sempre professato.
Torniamo perciò alla Sacra Tradizione della Chiesa, torniamo alla fede eucaristica, torniamo a mettere al centro Chi è il centro, la reale presenza di Cristo nel Santissimo Sacramento e da Lui tutti gli altri doni, i sacramenti che la Sua presenza porta.

«Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, (1Pt 2,4-5) «per essere tempio santo, dimora di Dio per mezzo dello Spirito» (Ef 2,21-22).

Solo la presenza reale di Cristo è capace di renderci tempio e dimora di Dio che Egli stesso è.
Torniamo dunque a volgerci adoranti, a convertirci alla presenza reale di Cristo.
Non esiste infatti negazione radicale come quella posta di fronte alla chiarezza della dolce presenza di Cristo, come non esiste accoglimento tanto radicale quanto quello posto di fronte a Lui.
Solo Gesù Cristo infatti provoca così radicalmente la nostra persona a tal punto da poter dire a ciascuno di noi «se non vi convertite, voi perirete tutti»[1], che significa «se non crederete, non avrete stabilità, non avrete consistenza»[2].

Volesse il cielo che il Signore si degnasse di scuotere anche me, meschino suo servo, dal sonno della mia mediocrità e accendermi talmente della sua divina carità da farmi divampare del suo amore fin sopra le stelle, sicché ardessi dal desiderio di amarlo sempre più, né mai più in me questo fuoco si estinguesse!
Volesse il cielo che i miei meriti fossero così grandi che la mia lucerna risplendesse continuamente di notte nel tempio del mio Dio, si da poter illuminare tutti quelli che entrano nella casa del mio Signore!
O Dio Padre, ti prego nel nome del tuo Figlio Gesù Cristo, donami quella carità che non viene mai meno, perché la mia lucerna si mantenga sempre accesa, né mai si estingua; arda per me, brilli per gli altri.
Dalla Costituzione apostolica Umbratilem di papa Pio XI. AAS,XVI,(1924),385‑389, Cap. 10.

[1] Lc 13,3.

[2] Is 7,9. «“Se non vi convertite, voi perirete tutti”. Queste parole di Gesù fanno eco a quelle che il Signore aveva detto in antico per bocca del profeta: “Se non crederete, non avrete stabilità, non avrete consistenza”. Nel convertirsi al Cristo, nel volgersi verso di Lui con la totalità del nostro essere, noi trovando Lui guadagniamo anche noi stessi. Lontano da Cristo e distratto da Lui, l’uomo è perduto e tutto quel fa e che intraprende uno che è perduto, è anch’esso perdizione e riproduzione all’infinito dello smarrimento e dell’erranza. Fuori di Cristo, l’uomo perde ed incrementa la perdita, a dismisura; nella conversione a Cristo, l’uomo da perduto e da perdente torna a vincere e cioè a vivere, “perché vivere – diceva Teresa d’Avila – è vincere”» (Serretti Radio Vaticana 10-03-2007)

Immagine tratta da:
metmuseum.org

Francesco Tosi: 1986 Rimini, avevo così voglia di vivere che sono nato prima di nascere (al quinto mese), poi ho continuato a nascere e rinascere nel corso della mia vita, in spirito, acqua e sangue.
Filosofo per forma mentis e formazione, letterato e Teo-filo per passione, editore digitale per professione, fanno di me un cultore del verbo e servitore della parola (altrui).
Autore di tesi di laurea su un cardinale della Chiesa Cattolica, ex gesuita, von Balthasar, e su un letterato anglicano, Lewis che hanno in comune una visione teo-drammatica dell’esistenza, sto ultimamente dilettandomi nella loro revisione e pubblicazione.