Signore visita questa vigna, proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, * il germoglio che ti sei coltivato (Sal 79)

Hai divelto una vite dall’Egitto, *
per trapiantarla hai espulso i popoli.
Le hai preparato il terreno, *
hai affondato le sue radici e ha riempito la terra.

La sua ombra copriva le montagne *
e i suoi rami i più alti cedri.
Ha esteso i suoi tralci fino al mare *
e arrivavano al fiume i suoi germogli.

Perché hai abbattuto la sua cinta *
e ogni viandante ne fa vendemmia?
La devasta il cinghiale del bosco *
e se ne pasce l’animale selvatico.

Dio degli eserciti, volgiti, *
guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna,
proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, *
il germoglio che ti sei coltivato.
– Sal 79

In un futuro non troppo lontano la chiesa di Roma ha da poco concluso il suo Concilio Ecumenico Vaticano IV e la sua fede cattolica ed ecumenica può raggiungere ogni parte del globo.

Eppure Lourdes non è più riconosciuto come luogo di pellegrinaggio, l’abito talare per i sacerdoti è indifferente, le confessioni individuali sono state abolite, sostituite da un breve atto di contrizione pubblico e impersonale in forza del principio per cui «la grazia è cosa pubblica», e soprattutto è stato stabilito che la Liturgia Eucaristica, che il Sacrificio della Messa non sia miracolo, non sia il miracolo della transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Gesù Cristo, ma un «pio rituale», un mero simbolo che non possiede alcun significato.

La fede cattolica della chiesa di Roma ha infatti aperto definitivamente la strada a un appiattimento ecumenico totale sottraendo alla Chiesa il suo Unico Tesoro vendendolo, cedendolo, tradendolo in cambio di un ideale universalista e uniformatore che giunge a contaminare il cattolicesimo perfino con il buddismo.

Sull’isola irlandese di Cahersiveen ai piedi del monte Coom, nell’abbazia di Muck, nella contea del Kerry, un gruppo di monaci continua a celebrare il sacrificio della Messa in vetus ordo, continua a confessare i propri fedeli individualmente, come da sempre lì si fa, attirando a sé un enorme flusso di pellegrini disposti a compiere grandi sacrifici per poter ricevere i sacramenti. Insieme al richiamo di pellegrini, raccoglie l’attenzione della BBC e così anche del Vaticano.

Viene perciò inviato da Roma un “inquisitore”, padre Kinsella, per riportare i monaci dall’eresia della Tradizione all’“ortodossia” ecumenica, «l’ortodossia di ieri è (divenuta) l’eresia di oggi».

È un panorama della fede estremamente drammatico quello descritto da Moore. L’umanità ha abbandonato la Chiesa, la chiesa di Roma ha abbandonato la Tradizione, la Fede e il Suo Cristo per una fede in un immanente dio-negli-altri, per un surrogato umanitaristico che possa essere condiviso impersonalmente da chiunque. I pochi fedeli al miracolo del Verbo che si è fatto carne e che continua ad abitare tra i Suoi sono combattuti, isolati e obbligati ad allinearsi al nuovo ecumenismo.

Uno degli ultimi baluardi della fede è rappresentato proprio dai santi monaci di questa piccola e isolata abbazia.

L’attaccamento alla Sacra Tradizione, il devoto legame ai fondamenti della Fede, a una giusta, profonda e adeguata venerazione, adorazione e conoscenza dei Sacramenti, presenza oggettiva, reale e concretissima di Cristo – conoscenza in cui conoscere è essere tutt’uno con il Conosciuto –, l’attaccamento alle fondamenta è un profondo radicamento nella vite, nella vita di Cristo, senza il Quale e al di fuori del Quale nulla è possibile, tutto decade, muore, marcisce.

Gv15,4-5 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

Questo romanzo di Brian Moore è un profetico ammonimento per tutti coloro che si vogliono novatori della fede e misericordiosi rivoluzionari del «perdono incondizionato», della «grazia a buon mercato».

Ascolta, popolo mio, ti voglio ammonire; *
Israele, se tu mi ascoltassi!
Non ci sia in mezzo a te un altro dio *
e non prostrarti a un dio straniero.
Sono io il Signore tuo Dio, †
[…] Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, *
Israele non mi ha obbedito.
L’ho abbandonato alla durezza del suo cuore, *
che seguisse il proprio consiglio.
[…] Se il mio popolo mi ascoltasse, *
se Israele camminasse per le mie vie!

– Sal 80

Questo romanzo è anche e soprattutto una preghiera, è una preghiera di consacrazione.
«Padre consacrali [in verità e] nella verità» – la verità è il “lavacro” che rende gli uomini capaci di Dio, che permette il loro passaggio nella proprietà di Dio, il loro legame con Cristo, la loro partecipazione alla consacrazione di Cristo[1].

Gv17,17-26 Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità.

Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

In fondo il perno attorno a cui ruota tutto il romanzo e la fede dei suoi personaggi – la fede santa o quella diabolica, che l’«inquisitore» ecumenico chiama «la fede di oggi» e che l’abate del monastero identifica come «la mancanza di fede» di oggi – sta, consiste tutto nelle parole del monaco dal cuore più puro, più ardente, più carico di commozione, padre Manus:

“Vedete, è la cosa più normale che ci sia, non abbiamo fatto nulla perché iniziasse tutto questo, abbiamo continuato a dire Messa a Cahirciveen nel modo in cui lo abbiamo sempre fatto, nel modo in cui siamo stati educati a fare. La Messa! La messa in latino, il sacerdote con le spalle con le spalle rivolte ai fedeli, affinchè sia lui che i fedeli guardino l’altare dove c’è Dio. Offrire a Dio il sacrificio quotidiano della messa. Il pane e il vino che diventano il corpo e il sangue di Gesù Cristo, nel modo in cui Gesù disse ai suoi discepoli di fare durante l’Ultima Cena. “Questo è il mio corpo e questo è il mio sangue: fate questo in memoria di me”. Dio ha mandato il suo Figlio per redimerci. Suo Figlio è venuto sulla terra ed è stato crocifisso a causa dei nostri peccati e la messa è la commemorazione della crocifissione, del sacrificio del corpo e del sangue di Gesù Cristo a causa dei nostri peccati. La Messa significa il sacerdote e i fedeli che pregano Dio, che assistono al miracolo per il quale Gesù Cristo viene di nuovo fra di noi, il corpo e il sangue sotto forma del pane e del vino là, sull’altare. E la Messa è detta in latino poiché il latino è la lingua della Chiesa, la Chiesa che è una e universale, così il cattolico poteva andare in ogni chiesa del mondo, qui come a Timbuctu, o in Cina, e ascoltava la stessa Messa, l’unica Messa che c’era un tempo, la Messa in latino. Che poi la Messa fosse in latino e il popolo non parlasse latino, questa era parte del mistero, perché la Messa non parlava al nostro vicino, ma parlava a Dio. Dio onnipotente! Abbiamo fatto così per quasi duemila anni e in tutto questo tempo la Chiesa è stata un luogo dove si stava tranquilli, rispettosi, era un posto silenzioso perché Dio era lì, Dio era sull’altare, nel tabernacolo, in forma di ostia e di calice di vino. Era la casa del Signore, dove ogni giorno si compiva il miracolo quotidiano.
Dio veniva fra di noi. Un mistero. All’opposto questa nuova messa non è mistero, ma una barzelletta, una cantilena, non parla a Dio, parla al nostro vicino: è per questo è in inglese, in tedesco, in cinese e in ogni altra lingua che la gente parla in chiesa. Dicono che è un simbolo, ma un simbolo di cosa? E’ uno spettacolo, ecco cos’è. E la gente l’ha capito. L’ha capito eccome.
E’ per questo che salgono sul monte Coom, è per questo che vengono con gli aerei e le navi, le macchine strapiene, le tende piantate nei campi, che Dio li aiuti, ed è per questo che restano anche se viene giù il finimondo, e quando la campana del Santo risuona al momento dell’Elevazione, quando il sacerdote si inginocchia e alza l’ostia – Sì, quel Salvatore benedetto -, tiene in alto l’Ostia, Dio onnipotente, la comunità si inginocchia alle spalle del sacerdote, si inchina ad adorare il suo Signore, sì, padre, se voi vedeste questa gente, le teste scoperte, la pioggia battente sulla faccia, quando vedono l’Ostia innalzata, quel pezzo di pane non lievitato che, grazie al mistero e al miracolo della messa, è ora il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, il nostro Salvatore, ebbene allora provereste vergogna, padre, vergogna per voler spazzare via tutto ciò e mettere al suo posto ciò che avete messo ora – canzoni, chitarre, abbracci con il vicino, recite e assurdità, tutto per attirare la gente in chiesa nello stesso modo in cui un tempo la si attirava nelle sale parrocchiali per una partita di bingo!”

Brian MooreCattolici, Lindau 2012

[1] Cfr. Joseph Ratzinger_Benedetto XVI – Gesù di Nazaret **

Immagine tratta da:
metmuseum.org

Francesco Tosi: 1986 Rimini, avevo così voglia di vivere che sono nato prima di nascere (al quinto mese), poi ho continuato a nascere e rinascere nel corso della mia vita, in spirito, acqua e sangue.
Filosofo per forma mentis e formazione, letterato e Teo-filo per passione, editore digitale per professione, fanno di me un cultore del verbo e servitore della parola (altrui).
Autore di tesi di laurea su un cardinale della Chiesa Cattolica, ex gesuita, von Balthasar, e su un letterato anglicano, Lewis che hanno in comune una visione teo-drammatica dell’esistenza, sto ultimamente dilettandomi nella loro revisione e pubblicazione.