Dio creò l’uomo per avere qualcuno su cui effondere i suoi benefici

In principio Dio plasmò Adamo, non perché avesse bisogno dell’uomo, ma per avere qualcuno su cui effondere i suoi benefici.
Sant’Ireneo 

Dio creò l’uomo per avere qualcuno a cui perdonare.
Sant’ Ambrogio

Dio creò l’uomo «per effondere su di lui i suoi benefici», «per avere qualcuno a cui perdonare».

Spesso si tende a pensare sempre che ciò significhi che Dio creò l’uomo per avere qualcuno a cui rimettere i peccati.

I due brani si completano a vicenda e possono essere letti da entrambe le chiavi prospettiche. Il primo brano però offre un significato più comprensivo: Dio creò l’uomo «non perché ne avesse bisogno, ma per avere qualcuno su cui effondere i suoi benefici».

Per-dono dal greco yper[1]-dono, o dal latino super[2]-dono indica un dono che è oltre ogni dono, sta sopra ogni altro dono, è ontologicamente un dono dall’alto, un oltre dono.

Dio dunque non creò l’uomo per avere qualcuno a cui semplicemente rimettere i peccati ma per farlo diventare simile a sé, per farlo diventare un alter Christus, perfettamente a Sua immagine e a Sua somiglianza, ancor più per indiarlo, per farlo diventare come Dio. Non è forse ciò che ci viene rivelato in Genesi 1,26-27[3]? Non sta in ciò non tanto il motivo (un atto d’amore eterno, infinito, non quantificabile ha forse è forse calcolabile?), quanto il fine della creazione dell’uomo?

È per donare all’uomo la pienezza della divinità, per assimilarlo a sé pur mantenendo in essere paradossalmente, misteriosamente, la sua propria identità di creatura e il suo nome, la sua vocazione che coincide con il suo essere, con la sua esistenza (Sertillange afferma che vocazione coincide con ciò che uno è, in senso ontologico e quindi metafisico, perciò meta-antropologico, divino!). Questa interpretazione credo sia quella che più si avvicini all’ortodossia e che per questa ragione avvicini all’ortoprassi, alla verità dell’agire, alla santificazione.

Altrimenti significa non comprendere in che cosa consista il Santissimo Sacramento, l’Eucaristia, e significa non comprendere che la remissione dei peccati nella Riconciliazione con Dio, come ristabilimento dell’amicizia con Lui, è la via di accesso all’ammissione al Sacramento per eccellenza, al Sacramento che permette di essere assimilati alla vita stessa della Trinità in un cammino di perpetuo spogliamento del proprio io, al fine di lasciarsi creare integralmente da Dio.

Ecco dunque che chiunque parli dell’Eucaristia in termini di sacramento curativo, medicinale è profondamente in errore.

La medicina dell’anima, la medicina dello spirito, la via della conversione e della purificazione dello sguardo è la Riconciliazione, poiché l’Eucaristia pone l’uomo nella condizione e sulla strada di una perfezione che lo personifica sempre di più. Se la Riconciliazione cura le ferite, ristabilisce la persona nella sua giusta dimensione, l’Eucaristia, assimilandolo alla vita della Trinità attraverso il Corpo di Cristo che racchiude in sé la pienezza della divinità, la pienezza del Figlio di Dio, lo innalza, lo accresce e perciò, come dice Serretti[4], lo personifica, lo fa diventare più persona di ciò che è già.

[1] Ὑπὲρ:

  • Seguito da genitivo sopra, Ὑπὲρ τοῦ ἄστεως ἐστὶ ὀ θεός. = Il dio è al di sopra della città.
  • Seguito da accusativo oltre

[2] Sŭpĕr:

  • superiore, che sta più in alto, che sta sopra (anche in senso figurato),
  • (in senso figurato) del cielo, celeste, 
  • terreno, di questa terra.

[3] 26 Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27 Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina.

[4] «Per Balthasar il medium del consorzio umano non è lo “spirito” (ragione-intelletto-lingua), non è la libera volontà dei singoli (contratto), non è la specie (natura pura, ecosistema), ma è l’originario essere stati creati nel Figlio. Nel Figlio è realmente presente e donato all’uomo quel che è massimamente universale-comunionale e allo stesso tempo massimamente personalizzante, quindi in Lui il dissidio “io-noi” è superato. In Lui è posto sia il principio di identificazione sia quello di comunione e tutt’e due in forma personale. È infatti una Persona quella che “personifica” la soggettività spirituale umana, ed è ancora una Persona quella in cui il genere umano trova la sua più ampia unità».
Massimo Serretti, L’uomo è persona, Lateran University Press, Roma 2008, p.200.

 

Immagine tratta da:
Title:The Rebuke of Adam and Eve
Artist:Charles Joseph Natoire (French, Nîmes 1700–1777 Castel Gandolfo)
metmuseum.org

Francesco Tosi: 1986 Rimini, avevo così voglia di vivere che sono nato prima di nascere (al quinto mese), poi ho continuato a nascere e rinascere nel corso della mia vita, in spirito, acqua e sangue.
Filosofo per forma mentis e formazione, letterato e Teo-filo per passione, editore digitale per professione, fanno di me un cultore del verbo e servitore della parola (altrui).
Autore di tesi di laurea su un cardinale della Chiesa Cattolica, ex gesuita, von Balthasar, e su un letterato anglicano, Lewis che hanno in comune una visione teo-drammatica dell’esistenza, sto ultimamente dilettandomi nella loro revisione e pubblicazione.